lunedì 28 gennaio 2013

Fotografare il cibo: la luce naturale

Dopo aver spiegato brevemente cosa sia la food photography e le sue difficoltà, oggi inizierò ad approfondire più da vicino il lavoro di un fotografo di food e i mezzi che utilizza quotidianamente, concentrandomi in particolare sulla luce.
Infatti, prima di parlare di corpi macchina, obiettivi e accessori, credo sia utile soffermarsi su quello che ritengo l'aspetto fondamentale di ogni tecnica fotografica, la luce appunto. Tutti sappiamo (vero?) che fotografare significa scrivere, disegnare con la luce (anche etimologicamente: il termine fotografia deriva dal greco phôs-luce graphè-disegnare, scrivere) per cui è facile capire che è proprio la luce ad essere la grande protagonista del processo fotografico. Fin qui, nulla di nuovo. 
Nel fotografare il cibo, questo è doppiamente vero. Infatti, affinché l'immagine di una pietanza risulti appetitosa, la prima cosa di cui dobbiamo preoccuparci è la luce. Più della preparazione del piatto, più della composizione, più dell'ottica da utilizzare (non che queste cose non siano importanti, ma la foto di un piatto preparato alla perfezione da uno chef stellato, con l'inquadratura migliore possibile, con l'ottica più adatta, dal fotografo più bravo dell'universo, scattata però con una luce di cacca risulterà comunque brutta e poco invitante agli occhi di chi guarda, questo è poco ma sicuro).
Nell'ultimo post avevo accennato che esistono varie tipologia di luce in fotografia, vediamo di capire quali.

La prima macro-distinzione che possiamo fare è quella tra luce naturale e luce artificiale.
La prima è, come suggerisce il nome, la luce presente in natura senza l'intervento dell'uomo, ossia, più semplicemente, la luce del sole; la seconda, invece, è la luce prodotta dall'intervento dell'uomo, banalmente la luce della lampadina è una luce artificiale.
Ma qual è la luce migliore per fotografare il cibo? Mi è capitato molto spesso di leggere -soprattutto sul web - che la luce migliore per fotografare il cibo sia quella naturale. È la verità? NI! Mi spiego meglio. La luce naturale è senza dubbio grandiosa, per fotografare il cibo e non solo ed inoltre, cosa non meno importante, è gratis e a disposizione di tutti.
Ma presenta anche degli svantaggi che non sono trascurabili, soprattutto per chi scatta per professione e non solo per diletto. 
Innanzitutto, se è vero che la luce del sole è lì, pronta all'uso di chiunque, è altrettanto vero che non è sempre disponibile, ad esempio quando piove, nevica o è molto nuvoloso. Altra cosa importante è che la luce naturale non è sempre uguale, cambia a seconda delle giornate, dei momenti di una stessa giornata, spesso da un minuto all'atro. 
Immaginate allora di dover fare degli scatti per una rivista, per un catalogo o per un sito web, che dovrete andare a scontornare in post-produzione, per cui dovranno essere immagini molto pulite, con ombre quasi impercettibili o del tutto assenti. Come muoversi in questo caso con la luce naturale? Come fare per ottenere scatti uguali, nonostante i cambiamenti incontrollabili della luce solare? Come posizionare i pannelli riflettenti? Come regolare l'esposizione tra uno scatto e l'altro? Certamente non è impossibile, ma molto molto dispendioso in termini di tempo e fatica. E il tempo di un fotografo dovrebbe essere prezioso, tutto il workflow dovrebbe puntare all'economia del tempo. Tanto più nella food photography nella quale, come abbiamo visto nell'ultimo articolo, è fondamentale la velocità di esecuzione, per evitare che il piatto deperisca e si rovini, perdendo tutta la sua fragranza e appetibilità.
Dunque è palese che la luce naturale, pur essendo un ottima fonte d'illuminazione fotografica sia per qualità che per quantità, non è sempre la scelta migliore per fotografare il cibo. Certo la si può usare, quando se ne ha la possibilità la si deve usare, ma purtroppo non sempre è possibile e non sempre conveniente.
In questi casi, si deve ricorrere alla luce artificiale, di cui parleremo nel prossimo articolo.

Bye.


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